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Pianta gigante (con frutti giganti)

Varietà dalla Grecia

Pianta resistente al freddo e al gelo

Semi di Kalamata Olivo o Ulivo Varietà greca (Olea europaea)

1,95 €

Semi di Kalamata Olivo o Ulivo Varietà greca (Olea europaea)

Prezzo per Pacchetto di 5 o 10 semi.

Perché si dice che quest'oliva resiste all'inverno?
Quest'oliva, che noi stessi possediamo e coltiviamo in un grande vaso da fiori, da quattro anni sopravvive all'aperto (in cortile) senza problemi con l'inverno e a temperature di -15 gradi Celsius.

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Semi di Kalamata Olivo o Ulivo Varietà greca (Olea europaea)

Prezzo per Pacchetto di 5 o 10 semi.

Perché si dice che quest'oliva resiste all'inverno?
Quest'oliva, che noi stessi possediamo e coltiviamo in un grande vaso da fiori, da quattro anni sopravvive all'aperto (in cortile) senza problemi con l'inverno e a temperature di -15 gradi Celsius.

Crediamo che sopravviverebbe anche a temperature fino a - 25 gradi Celsius, e forse di più...

L'oliva di Kalamata, od oliva di Calamata, è la drupa di un cultivar di ulivo tipico della zona della Messenia, nel sud del Peloponneso (Grecia), che prende il nome dalla città principale, Calamata.[1]

La drupa è utilizzata come oliva da tavola, conservata sotto aceto o in olio di oliva. Nell'Unione europea le olive di Calamata sono protette come indicazione geografica protetta.[2] Olive della stessa varietà, che crescono altrove, sono denominate olive Kalamon.

Descrizione

Le olive di Calamata sono coltivate in Messenia, e in parte anche in Laconia, nella penisola del Peloponneso. Sono olive a forma di mandorla tozza, di colore scuro (tendente al viola)[8], ottenute da un albero che si distingue dal normale ulivo per la forma delle sue foglie, che sono grandi il doppio di quelle delle altre varietà.[1] L'albero patisce il freddo ed è sensibile all'avvizzimento provocato dal Verticillium, ma è resistente alla rogna e alla mosca olearia.

Le olive di Calamata, che non possono essere raccolte ancora verdi, devono essere raccolte a mano per evitare le ammaccature.

Preparazione

Vi sono due metodi per preparare le olive di Calamata, conosciuti come "metodo lungo" e "metodo breve". Con il metodo breve le olive vengono deamarizzate ammassandole in acqua o in una debole salamoia per circa una settimana. Completata la deamarizzazione, le olive vengono poste in recipienti di vetro immerse in salamoia e aceto di vino con sopra uno strato di olio di oliva e fette di limone. Sulle olive viene spesso operato un taglio per ridurre il tempo necessario al procedimento. Il metodo lungo consiste nell'operare un taglio su ogni oliva e poi metterle in acqua salata per circa tre mesi per deamarizzarle. Livelli di polifenolo rimangono nelle olive anche dopo il procedimento, causando loro un gusto leggermente amarognolo.[10]

Etimologia

I nomi olivo e ulivo derivano dal latino olīvum, da un'ablativo olīvī, olīvō di oleum,[2] a sua volta dal greco arcaico ἔλαιϝον élaiwon, classico ἔλαιον élaion;[3] la forma ulivo, come anche uliva, è più frequente in Toscana, ma diffusa anche in altre parti d'Italia, sebbene in contesti poetico-letterari; la forma olivo, del tutto prevalente invece nella letteratura scientifica, è tipica del Trentino, di parte della Sardegna, dell'Emilia-Romagna e del Lazio settentrionale; nel Sud prevalgono aulivo, alivo, avulivo.

Storia

L'olivo è una pianta centrale nella storia delle civiltà che si affacciano sul bacino del Mediterraneo, e di tutto l'Occidente.

Si raccontano numerose leggende: una di queste è di origine greca e narra di un olivo raccolto ai confini del mondo da Ercole, in quel luogo nacque il bosco sacro a Zeus, dalle cui fronde venivano intrecciate le corone per i vincitori dei giochi olimpici.[5]

Un altro aneddoto sull'ulivo riguarda invece la colomba che, per annunciare a Noè la fine del diluvio univerale, gli portò un ramoscello d'ulivo che teneva stretto tra le zampe. Comunque si è appurato che le prime piante selvatiche insistevano sull'isola di Creta fin dal 4000 A.C. e che successivamente i cretesi si sono specializzati nella coltivazione di tale pianta la quale successivamente verrà esportata in tutto il bacino del mediterraneo.

Biologia

Descrizione botanica

L'olivo appartiene alla famiglia delle Oleaceae. La pianta comincia a fruttificare verso il 3º–4º anno, inizia la piena produttività verso il 9º–10º anno; la maturità è raggiunta dopo i 50 anni. È una pianta molto longeva: in condizioni climatiche favorevoli un olivo può vivere anche mille anni. Le radici, per lo più di tipo avventizio, sono molto superficiali ed espanse, in genere non si spingono mai oltre i 60–100 cm di profondità.

Il fusto è cilindrico e contorto, con corteccia di colore grigio o grigio scuro, il legno è molto duro e pesante. La ceppaia forma delle strutture globose, dette ovoli, da cui sono emessi ogni anno numerosi polloni basali. La chioma ha una forma conica, con branche fruttifere pendule o patenti (disposte orizzontalmente rispetto al fusto) secondo la varietà.

È una pianta sempreverde, la cui attività è pressoché continua con attenuazione nel periodo invernale. Le foglie sono opposte, coriacee, semplici, intere, ellittico-lanceolate, con picciolo corto e margine intero, spesso revoluto. La pagina inferiore è di colore bianco-argenteo per la presenza di peli squamiformi. Le gemme sono per lo più di tipo ascellare.

Il fiore è ermafrodito, piccolo, con calice di 4 sepali e corolla di petali bianchi. I fiori sono raggruppati in numero di 10–15 in infiorescenze a grappolo, chiamate mignole, emesse all'ascella delle foglie dei rametti dell'anno precedente. La mignolatura ha inizio verso marzo–aprile. La fioritura vera e propria avviene, secondo le cultivar e le zone, da maggio alla prima metà di giugno.

Il frutto è una drupa globosa, ellissoidale o ovoidale, a volte asimmetrica, del peso di 1–6 grammi secondo la varietà, la tecnica colturale adottata e l'andamento climatico..

Fenologia

L'olivo attraversa un periodo di riposo vegetativo che coincide con il periodo più freddo, per un intervallo di tempo che dipende dal rigore del clima.

Alla ripresa vegetativa, che orientativamente si verifica a febbraio, ha luogo anche la differenziazione a fiore; fino a quel momento ogni gemma ascellare dei rametti dell'anno precedente è potenzialmente in grado di generare un nuovo germoglio o una mignola. Dalla fine di febbraio e per tutto il mese di marzo si verifica un'intensa attività dapprima con l'accrescimento dei germogli, poi anche con l'emissione delle mignole, fase che si protrae secondo le zone fino ad aprile. La mignolatura ha il culmine in piena primavera con il raggiungimento delle dimensioni finali. Le infiorescenze restano ancora chiuse, tuttavia sono bene evidenti perché completamente formate.

Da maggio alla prima metà di giugno, secondo la varietà e la regione, ha luogo la fioritura, piuttosto abbondante. In realtà la percentuale di fiori che porteranno a compimento la fruttificazione è ridottissima, generalmente inferiore al 2%. L'impollinazione è anemofila. Alla fioritura segue l'allegagione, in linea di massima dalla metà di giugno. In questa fase la corolla appassisce e si secca persistendo fino a quando l'ingrossamento dell'ovario ne provoca il distacco. La percentuale di allegagione è molto bassa, inferiore al 5%, pertanto in questa fase si verifica un'abbondante caduta anticipata dei fiori (colatura). Si tratta di un comportamento fisiologico dal momento che la maggior parte dei fiori ha lo scopo di produrre il polline. Sulla percentuale di allegagione possono incidere negativamente eventuali abbassamenti di temperatura, gli stress idrici e i venti caldi.

Dopo l'allegagione ha luogo una prima fase di accrescimento dei frutti che si arresta quando inizia la lignificazione dell'endocarpo. Questa fase, detta indurimento del nocciolo ha inizio nel mese di luglio e si protrae orientativamente fino agli inizi di agosto.

Quando l'endocarpo è completamente lignificato riprende l'accrescimento dei frutti, in modo più intenso secondo il decorso climatico. In regime non irriguo sono le piogge dalla metà di agosto a tutto il mese di settembre a influire sia sull'accrescimento sia sull'accumulo di olio nei lipovacuoli: in condizioni di siccità le olive restano di piccole dimensioni, possono subire una cascola più o meno intensa e daranno una bassissima resa in olio per unità di superficie; in condizioni di umidità favorevoli le olive raggiungono invece il completo sviluppo a settembre. Eventuali piogge tardive (da fine settembre a ottobre) dopo una forte siccità estiva possono in pochi giorni far aumentare le dimensioni delle olive in modo considerevole, tuttavia la resa in olio sarà bassissima perché l'oliva accumula soprattutto acqua.

Da ottobre a dicembre, secondo la varietà, ha luogo l'invaiatura, cioè il cambiamento di colore, che indica la completa maturazione. L'invaiatura è più o meno scalare sia nell'ambito della stessa pianta sia da pianta a pianta. All'invaiatura l'oliva cessa di accumulare olio e si raggiunge la massima resa in olio per ettaro.

Dopo l'invaiatura le olive persistono sulla pianta. Se non raccolte vanno incontro ad una cascola più o meno intensa ma differita nel tempo fino alla primavera successiva. In questo periodo la resa in olio tende ad aumentare in termini relativi: il tenore in olio aumenta perché le olive vanno incontro ad una progressiva perdita d'acqua. In realtà la resa in olio assoluta (in altri termini riferita all'unità di superficie) diminuisce progressivamente dopo l'invaiatura perché una parte della produzione si perde a causa della cascola e degli attacchi da parte di parassiti e fitofagi.

Esigenze ambientali e adattamento

Fra le piante arboree l'Olea europaea si distingue per la sua longevità e la frugalità. L'olivo è una specie tipicamente termofila ed eliofila, con spiccati caratteri di xerofilia. Per contro è sensibile alle basse temperature. In Italia l'areale di vegetazione della sottospecie spontanea, l'olivastro, è la sottozona calda del Lauretum. L'olivastro, detto anche oleastro, è una delle specie più rappresentative della macchia termoxerofila (Oleo-ceratonion) e (Oleo-lentiscetum), mentre diventa più sporadico nella macchia mediterranea del Quercion ilicis. Per i caratteri di frugalità ed eliofilia si rinviene frequentemente anche nelle macchie degradate, nelle garighe e nella vegetazione rupestre lungo le coste. Resiste bene al pascolamento in quanto tende ad assumere un portamento cespuglioso a pulvino con ramificazione fitta e spinescente. Resiste bene anche agli incendi per la notevole capacità di ricacciare vigorosi polloni dalla ceppaia.

Le esigenze climatiche sono notevoli. Essendo una pianta eliofila soffre l'ombreggiamento, producendo una vegetazione lassa e, soprattutto, una scarsa fioritura. Il fattore climatico determinante sulla distribuzione dell'olivo è la temperatura: la pianta manifesta sintomi di sofferenza a temperature di 3–4 °C. Sotto queste temperature gli apici dei germogli disseccano. In generale la sensibilità al freddo aumenta passando dalla ceppaia al fusto, ai rami, ai germogli, alle foglie, agli apici vegetativi e, infine ai fiori e ai frutticini. Le gelate possono danneggiare il legno già a temperature di −7 °C. Le forti gelate possono provocare la morte di tutto l'apparato aereo con sopravvivenza della sola ceppaia.

Per quanto riguarda gli altri fattori climatici sono dannosi il forte vento, specie se associato a basse temperature, l'eccessiva piovosità e l'elevata umidità dell'aria.

Le esigenze pedologiche sono modeste. In generale l'olivo predilige terreni sciolti o di medio impasto, freschi e ben drenati. Vegeta bene anche su terreni grossolani o poco profondi, con rocciosità affiorante. Soffre invece nei terreni pesanti e soggetti al ristagno. In merito alla fertilità chimica si adatta anche ai terreni poveri e con reazione lontana dalla neutralità (terreni acidi e terreni calcarei) fino a tollerare valori del pH di 8,5–9. Fra gli alberi da frutto è una delle specie più tolleranti alla salinità, pertanto può essere coltivato anche in prossimità dei litorali.

L'aspetto più interessante della capacità d'adattamento dell'olivo è la sua resistenza alla siccità anche quando si protrae per molti mesi. In caso di siccità la pianta reagisce assumendo un habitus xerofitico: i germogli cessano di crescere, si riduce la superficie traspirante con la caduta di una parte delle foglie, gli stomi vengono chiusi e l'acqua delle olive in accrescimento viene riassorbita. In questo modo gli olivi superano indenni le lunghe estati siccitose manifestando una ripresa dell'attività vegetativa solo con le prime piogge a fine estate. Gli stress idrici pregiudicano la produzione. Le fasi critiche per l'olivo sono il periodo della fioritura e dell'allegagione, l'indurimento del nocciolo e il successivo accrescimento dei frutti: eventuali stress idrici in queste fasi riducono la percentuale di allegagione, provocano cascola estiva delle drupe, scarso accrescimento di quelle rimaste e minore resa in olio delle olive. In ogni modo si può dire che l'olivo si adatta alla coltura in asciutto anche nelle aree più aride dell'Italia meridionale e insulare in quanto offre una produzione, sia pur minima, anche nelle condizioni più difficili.

L'oliveto più settentrionale attualmente esistente si trova sull'isola di Anglesey, al largo del Galles, nel Regno Unito.

Cultivar

Le cultivar da olio sono caratterizzate da un elevato contenuto in lipidi e da una buona resa in olio, il frutto è di dimensioni medie o piccole. Le cultivar da mensa invece hanno minor resa in olio ma sono più grandi e vengono vendute per l'uso diretto.

Nel solo Mediterraneo ci sono più di 1000 tipi genetici di olivo. La propagazione vegetativa circoscritta nei singoli territori per centinaia di anni ha determinato l'evoluzione di un numero elevato di ecotipi e cultivar. In Italia sono presenti circa 500 tipi genetici.

Impianto dell'oliveto

La procedura per l'impianto dell'oliveto, dopo aver scelto la localizzazione, segue gli schemi classici previsti per le colture arboree:

    Eliminazione di vegetazione arbustiva o arborea, livellamento, spietramento, scasso a circa 80 cm. Nei terreni eccessivamente grossolani è consigliabile limitare lo spietramento ai sassi di grandi dimensioni per evitare un abbassamento del piano di campagna. Per lo scasso è preferibile la lavorazione andante con ripuntatore o con aratro rispetto allo scasso a buche.

    Approntamento della rete scolante. È necessario nelle zone a clima piovoso. In generale l'investimento del drenaggio tubolare è poco remunerativo in olivicoltura perciò è più conveniente predisporre una sistemazione superficiale realizzando un'adeguata baulatura e una rete di scoline.

    Concimazione di fondo. Si esegue dopo lo scasso e prima della lavorazione complementare sulla base dei risultati dell'analisi chimica. La concimazione minerale deve limitarsi al solo apporto dei concimi fosfatici e potassici in quanto l'azoto si perderebbe per dilavamento. È consigliato integrare la concimazione minerale con l'apporto di un concime organico (es. 50–100 t di letame ad ettaro) per il suo effetto ammendante, qualora ci sia disponibilità di ammendanti organici a costi accessibili.

    Lavori di raffinamento. Si esegue un'aratura a 40 cm per interrare e distribuire i concimi lungo il profilo e una erpicatura per ridurre la zollosità superficiale.

Ai lavori di preparazione seguono quelli di impianto con il tracciamento dei sesti e il picchettamento, la messa a dimora (manuale o con trapiantatrici semiautomatiche), l'impianto dei tutori.

Il sesto d'impianto dipende dalle condizioni pedoclimatiche, dalla disponibilità irrigua, dalle caratteristiche della cultivar, dalla forma d'allevamento e dalla tecnica colturale. In condizioni ordinarie nei nuovi impianti si adottano sesti compresi fra 5×5 m e 7×7 m in coltura irrigua e tra 8×8 m e 10×10 m in asciutto. Sesti molto stretti sono sconsigliabili per l'eccessivo ombreggiamento lungo la fila e per la difficoltà di meccanizzazione. Con olivi allevati a vaso policonico o a monocono sono consigliabili sesti di 5×7 m o 6×7 m secondo la vigoria della cultivar. Qualora si preveda la raccolta meccanica integrale con scuotiraccoglitrice è opportuno adottare sesti in quadrato di 7×7 m o 8×8 m per consentire una facile manovra della macchina.

La messa a dimora si esegue dall'autunno all'inizio della primavera effettuando una buca con la trivella, disponendo sul fondo del materiale drenante e una piccola quantità di concime ternario, si mette la pianta, con il colletto leggermente più basso rispetto al livello del terreno e il tutore, infine si colmano gli spazi vuoti e si irriga. È sconsigliato eseguire l'impianto in primavera inoltrata per evitare eccessive fallanze.

La scelta delle piante ha importanza sia economica sia tecnica. Le piante ottenute da talea sono più economiche ma tendono a sviluppare un apparato radicale superficiale e potrebbero subire stress idrici nel primo anno d'impianto. Quelle ottenute da semenzali innestati sono più resistenti ma hanno prezzi più alti. In merito allo sviluppo sono migliori le piante rivestite uniformemente di ramificazioni secondarie perché non necessitano di interventi di potatura correttiva, e permettono di anticipare l'entrata in produzione di 1–2 anni. Da tenere presente comunque che le piante autoradicate da talea sono consigliate in tutte le zone in cui l’olivo è soggetto a gelate, perché nel caso si renda necessario un taglio rigenerativo al piede delle piante, i polloni emergenti dalla ceppaia appartengono alla varietà e non al portinnesto.

Alla messa a dimora fanno seguito gli allestimenti accessori, in particolare la rete irrigua e l'eventuale palificazione per sospendere le ali gocciolanti.

Su spazi aperti e battuti frequentemente da venti dei quadranti settentrionali (maestrale, tramontana, grecale) è indispensabile predisporre un frangivento allineato perpendicolarmente alla direzione del vento dominante. L'orientamento dei filari, in caso di sesto a rettangolo, deve tener conto dell'esigenza d'illuminazione delle chiome soprattutto alle latitudini più alte dell'areale di coltivazione (Italia centrale e Liguria): l'orientamento migliore è quello nord-sud, tuttavia nei terreni con pendenza superiore al 5–10% ha la priorità la necessità di prevenire l'erosione del terreno orientando i filari a girapoggio o a cavalcapoggio. L'orientamento nord-sud in collina si può pertanto rispettare solo nei versanti esposti a est o a ovest.

Forme d'allevamento

La scelta della forma d'allevamento dipende essenzialmente da due fattori: le esigenze d'illuminazione e la meccanizzazione. L'olivo ha un portamento basitono, con rametti terminali patenti o penduli secondo la varietà e fruttifica nella parte più esterna della chioma, in quanto più illuminata. In ragione di questi elementi le forme d'allevamento proposte per l'olivo sono le seguenti.

 

    Vaso. È la vecchia tipologia, ormai del tutto abbandonata negli impianti recenti a causa della tardiva entrata in produzione e degli oneri legati alla potatura e alla raccolta. Sopravvive ancora in vecchi oliveti non rinnovati.

    Vaso policonico. È la forma che ha sostituito il vaso classico, più contenuta in altezza e con una geometria della chioma razionalizzata in funzione della produttività e dei costi della raccolta. Ha inoltre una maggiore precocità di entrata in produzione. La struttura è formata da 3–4 branche che sviluppano ciascuna una chioma distinta di forma conica.

    Vaso cespugliato. Concettualmente è simile al precedente ma differisce per l'assenza del tronco, perciò le branche partono direttamente dalla ceppaia.

    Palmetta. La struttura è costituita da un fusto che si dirama in tre branche orientate sullo stesso piano, una verticale, le due laterali oblique. Non ha avuto grande diffusione a causa degli oneri legati alla potatura.

    Ipsilon. È una forma derivata dalla precedente ma più razionale per i principi che la ispirano. Lo scheletro è costituito da un breve tronco che si divide in due branche inclinate ed opposte, orientate secondo la direzione del filare. Come la precedente, è una forma poco diffusa perché non ha riscontrato grande successo e ormai si presenta come un sistema obsoleto e antieconomico.

    Siepone. È una forma che asseconda molto il portamento naturale dell'olivo. Le piante hanno un portamento cespuglioso, con un breve fusto, e sono molto ravvicinate lungo la fila in modo da formare una vegetazione continua. Continua ad essere usata per la costituzione di frangivento, in genere con cultivar assurgenti.

    Globo. È concepita per proteggere il fusto e le branche dall'eccessiva insolazione. È uno dei sistemi più impiegati alle latitudini più basse dell'areale di coltivazione dell'olivo dove l'illuminazione eccessiva può rappresentare un problema.

    Monocono. È il sistema più recente, concepito per l'uso delle macchine scuotitrici nella raccolta meccanizzata o meccanica integrale con macchine scuotitrici. È particolarmente adatto per oliveti meccanizzati di grande estensione. La forma di allevamento è quella che asseconda meglio il portamento naturale dell'olivo pertanto ha una precoce entrata in produzione.

    Cespuglio. È una delle forme più recenti e s'ispira alla necessità di abbreviare i tempi di entrata in produzione e ridurre i costi della potatura e della raccolta. Si tratta di una forma libera ottenuta evitando gli interventi cesori nei primi anni.

    Ceduo di olivo. È la forma più recente ancora in via di sperimentazione. L'innovazione consiste nel lasciar crescere liberamente le piante secondo i criteri adottati con il cespuglio ma senza eseguire la potatura di produzione. La chioma viene completamente rinnovata ogni 10 anni tagliando al piede le piante.

Irrigazione

L'olivo è una pianta che ha poca esigenza di acqua, ma carenze idriche prolungate possono provocare gravi danni alle piante di olivo come cascola e bassa produzione. Un razionale apporto idrico presenta molti benefici fra cui:

    Accelerare la formazione della pianta, che entra prima in produzione;

    Aumento della produzione (fino al 20–40%);

    Migliore costanza produttiva, ostacolando l'alternanza.

I metodi irrigui consigliati sono quelli a microportata, spruzzo e goccia; risultano fondamentali le irrigazioni eseguite, soprattutto in annate siccitose, nella fasi fenologiche che vanno dall'allegagione (giugno) fino all'ingrossamento delle drupe per distensione cellulare (agosto).

L'olivo oggi

Inizialmente coltivato quasi esclusivamente nei paesi mediterranei (dove l'inverno è mite e l'estate calda), negli ultimi anni è stato impiantato con successo anche in altri paesi dal clima analogo, come California, Australia, Argentina e Sudafrica. In Italia l'areale di coltivazione è molto ampio: le zone dove non è presente sono le montagne e la Pianura padana (anche se in regioni come Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna sono in atto progetti di reinserimento), zone con temperature invernali troppo basse o presenza di nebbia e l'area dove produce frutti di qualità è più ristretta e si riduce in pratica all'Italia centromeridionale, (Toscana e Liguria comprese) e insulare e alla zona dei laghi di Lombardia, Trentino e Veneto. La maggiore concentrazione olivicola italiana, comunque, si trova in Puglia, con una popolazione che è stimata essere superiore ai 5 milioni di alberi. Molti di questi risalgono all'epoca della dominazione spagnola del Seicento. Nella valle del Volturno, in particolare nei comuni di Pozzilli e Venafro si possono osservare tra la miriade di oliveti presenti, numerose piante secolari, non pochi sono gli oliveti composti da sole piante secolari.

Alla fine degli anni novanta i cinque Paesi con la maggiore superficie olivicola erano la Spagna (2,24 milioni di ha), la Tunisia (1,62 milioni di ha), l'Italia (1,15 milioni di ettari), la Turchia (0,9 milioni di ha), la Grecia (0,73 milioni di ha). I primi cinque Paesi produttori di olio di oliva erano la Spagna (938 000 t), l'Italia (462 000 t), la Grecia (413 000 t), la Tunisia (193 000 t), la Turchia (137 000 t). Le produzioni indicate sono una media delle ultime tre annate degli anni novanta. I primi cinque Paesi produttori di olive da mensa erano la Spagna (304 000 t), la Turchia (173 000 t), gli USA (104 000 t), il Marocco (88 000 t), la Grecia (76 000 t). Le tendenze attuali vedono una forte espansione dell'olivicoltura in Spagna, Marocco, Sudafrica, Australia.

How to sow Olive Seeds 

Istruzioni per semina

Propagation:

Seeds / Cuttings

Pretreat:

0

Stratification:

0

Sowing Time:

all year round

Sowing Depth:

Light germinator! Just sprinkle on the surface of the substrate + gently press

Sowing Mix:

Coir or sowing mix + sand or perlite

Germination temperature:

 about 25-28 ° C

Location:

bright + keep constantly moist not wet

Germination Time:

 2-4 Weeks

Watering:

Water regularly during the growing season

 


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V 116 (5 S)
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Scheda tecnica

Semi selezionati con cura?
Sementi raccolte a mano
BIO Semi ?
Semi bio
Biologico ?
Commestibile?
Commestibile
Pretrattamento della semina?
Immergere in acqua prima della semina: 24-48 h
Scarificazione necessaria: sì
Perenne ?
Perenne: sì
Resistente al freddo e al gelo ?
Resistente al freddo: fino a -15 ° C
Adatto per il vaso di fiori?
Adatto per il vaso di fiori: sì
Origine dei semi?
Origine dei semi: Grecia
Paese di origine della varietà ?
Varietà di: Grecia
Pianta medicinale?
Pianta medicinale: Sì
Nome scientifico:
Olea europaea
Sun Exposure ?
Full sun from an early age
Tree Appearance ?
Ornamental Value: Pretty
Growth Rate ?
Medium Growth Rate
Type:
Trees Seeds
Nome comune:
Kalamata olive
Olive tree
Planting Time?
Planting Time: Whole year-round
Indoor/Outdoor?
Indoor/Outdoor: Indoor & Outdoor
Soil Type?
Soil Type: Appropriate soil
Watering?
Watering: Medium
Cultivating Difficulty?
Cultivating Difficulty: Medium